Workshop
La città di Roma possiede uno stratificato e variegato patrimonio culturale che, oltre a costituire un elemento imprescindibile della sua identità, la rende unica nel panorama mondiale, da questa realtà deriva una grande complessità è importante quindi che l’Amministrazione romana si interroghi sulle modalità di gestione e salvaguardia di questo patrimonio, per tutelarlo e valorizzarlo nel tempo.
Il workshop, voluto dall’Assessorato alla Cultura di Roma, si è posto come obiettivo l’individuazione di possibili scenari attivabili mediante l’utilizzo delle nuove tecnologie nel campo dell'archiviazione e l’indagine, attraverso il design dei sistemi, su quali attori e relazioni si creerebbero in seguito alla digitalizzazione del patrimonio Capitolino.
È un’operazione che non si limita alla tutela di una serie di beni ma crea i presupposti per attivare il patrimonio stesso in una chiave di democratizzazione e accessibilità. Il bene culturale, grazie alla sua tutela, diventa un ponte tra passato, presente e futuro (Piscitelli, 2021). Una volta digitalizzato, il patrimonio permetterà alle cittadine e ai cittadini di entrare in contatto con la storia aprendo nuove forme di relazione con la cultura.
Il cosiddetto virtual heritage rende possibile l’accesso ai beni a una serie di attori di diversa entità, dalle istituzioni pubbliche a quelle private, dalle aziende al singolo cittadino, dalle scuole primarie e secondarie alle università (Koller, Frischer, Humphreys, 2013). Mettendo in rete il bene culturale, con un approccio sistemico diventa possibile ampliare il pubblico, estendere e sperimentare le modalità di interazione, favorire la tutela della memoria collettiva nel tempo.
L'Assessorato alla Cultura di Roma Capitale si occupa di promuovere e valorizzare il patrimonio culturale della città attraverso iniziative, eventi e progetti educativi, attivando politiche di tutela e conservazione che garantiscono la salvaguardia e la fruizione del patrimonio per le future generazioni.
La domanda di progetto è stata elaborata congiuntamente dall’ente e dal team, affinando la sfida grazie al confronto. L’ente aveva infatti già individuato la necessità di digitalizzare il patrimonio culturale per renderlo accessibile e valorizzarlo attraverso nuove tecnologie, attivando strumenti come il SIMART - Sistema Informativo Musei, Arte, Archeologia, Architettura di Roma e Territorio di Roma Capitale.
Lo spazio del workshop ha permesso di ampliare la riâessione, evidenziando aspetti inizialmente non considerati. Il contributo del team di lavoro ha trasformato il progetto in un laboratorio di idee in cui soluzioni digitali e visioni culturali si intrecciano per dare vita a un sistema più inclusivo e dinamico.
Nel corso del workshop l’attenzione si è spostata dalla conservazione alla necessità di ridefinire il concetto di tutela, interrogandosi su cosa meriti di essere preservato e chi debba avere voce in questo processo, evidenziando anche la dimensione democratica della tutela e integrando una dimensione più partecipativa nella gestione del patrimonio culturale. Il confronto ha permesso di interrogarsi sulla salvaguardia non solo di beni tangibili ma anche di elementi immateriali che formano l’identità e la Storia collettiva della città di Roma. Il progetto si è così trasformato da archivio digitale a piattaforma aperta, nel quale la tutela diventa dialogo, identità e coesione sociale, rendendo la conservazione un atto condiviso e partecipativo; da archivia
Il processo adottato all’interno del workshop è divisibile in tre macro fasi: la prima, dedicata alla ricerca, è stata una fase esplorativa delle possibilità e degli ambiti di progetto; la seconda una fase di concettualizzazione e, infine, la terza e ultima fase si è concentrata sulla realizzazione degli output. Queste fasi, caratterizzate da processi divergenti e momenti convergenti, sempre collettivi, hanno permesso di creare un'immagine del sistema futuro valutando diverse alternative e sintetizzando insieme a tutto il gruppo di lavoro quelle più desiderabili (Bela H. Banathy, 1996).
Dopo un momento di conoscenza e scambio di visioni iniziali sul progetto, le studentesse e gli studenti hanno formato tre gruppi per la fase di ricerca: pubblico del sistema, possibilità che il sistema abilita, significato di archiviazione. Gli spazi âuidi della Casa delle Tecnologie Emergenti e la possibilità di utilizzare strumenti condivisi ed intermediali (le board, i documenti e le lavagne fisiche) hanno permesso ai tre gruppi in continuo cambiamento di rimanere allineati, contaminandosi.
Dopo aver condiviso i risultati, i gruppi si sono rimodulati e, nella seconda fase, hanno lavorato su filoni di progettazione: i valori di comunicazione, le funzionalità interne che una piattaforma di archiviazione digitale deve presentare e le possibili applicazioni del sistema. Alla fine di questa fase, in un momento plenario, si è definito il concept e i gruppi si sono quindi suddivisi in unità operative per produrre i risultati di progetto.
Il fatto che ogni decisione progettuale sia partecipata da tutte e da tutti, anche se talvolta si rende necessaria la moderazione e il supporto di tutor e docenti, aumenta la coerenza del progetto e crea un clima di collaborazione all’interno del gruppo. Questa metodologia consente, seppur con la presenza di una traccia progettuale iniziale, di adattare e orientare il progetto in base a ciò che il gruppo di lavoro valorizza o scarta. Il poco tempo a disposizione è stato gestito in favore della costruzione di possibili spazi di pensiero utili alla rottura dei paradigmi, pur sacrificando alcuni aspetti formali degli output, nell’ottica di costruire un progetto che restituisce la complessità di una tematica.
Il team ha definito che, oltre ad enti istituzionali e museali, i cittadini debbano avere un ruolo principale all’interno del sistema, non solo come fruitori di un archivio-catalogo ma anche come animatori delle sue potenzialità.
La piattaforma prende corpo a partire dalla revisione del SIMART. Oltre a una serie di accorgimenti grafici e all’aggiornamento dell’architettura delle informazioni, le studentesse e gli studenti hanno implementato una serie di funzioni e dinamiche a partire dalla possibilità di archiviare opere di diversa natura. Il nodo attuatore da cui è scaturito il progetto è stato l'importante avanzamento tecnologico della scansione 3D che, come nel noto caso di Notre Dame (De Luca, 2019), ha svelato una nuova forma di tutela.
La partecipazione della cittadinanza e di tutti gli attori è possibile grazie ad un profilo utente, che permette sia di essere fruitori sia, in casi verificati, di contribuire in quanto esperto o istituzione.
La navigazione dell’archivio-catalogo viene garantita attraverso 4 modalità: ∙ Categorie: collezioni curate che raggruppano opere per percorsi tematici e storici. ∙ Mappa: georeferenziazione delle opere per la visualizzazione nello spazio cittadino. ∙ Ricerca avanzata: dedicata a utenti più formati, implementa quella del SIMART con autocompletamento e ricerca semantica. Linea del tempo: visualizzazione cronologica delle opere e degli eventi storici di rilevanza internazionale o territoriale.
Ogni opera ha una scheda dettagliata. Particolare valore ha la funzione “avvicinati”, che abilita esperienze interattive a seconda della tipologia di opera; ad esempio, sarà possibile visualizzare le fasi di lavorazione di una statua (es. progetto, bozzetto, calco), esplorare in tre dimensioni le architetture, riprodurre le opere audiovisive e, in un futuro, attraverso le diverse digitalizzazioni, navigare le modifiche di varia natura subite da un bene.
La possibilità di avere attori esperti abilita inoltre la scheda dell’opera come luogo di raccolta di documenti e paper che la riguardano, segnalati idealmente dagli stessi autori. La cittadinanza può essere parte costituente dell’archivio segnalando e documentando, attraverso la piattaforma, opere appena create, come nel caso della street art o opere non censite ma di rilievo culturale per il territorio e la comunità, coadiuvando la Soprintendenza in un processo di crowdsourcing.
Per incentivare la cittadinanza all’utilizzo della piattaforma si sono progettate una serie di attività di comunicazione volte a avvicinare il pubblico al tema della salvaguardia attraverso la scansione del patrimonio. I concept delle campagne si concentrano sul concetto di salvataggio digitale.
Oltre alla cittadinanza un altro pubblico individuato è quello dei grandi donatori: aziende ed enti che possono intervenire economicamente nel processo di tutela. Per coinvolgere questo target si è pensato ad azioni come eventi, collaborazioni e campagne di unconventional marketing.
Grazie a questa estensione degli attori, il virtual heritage diventa attivatore di pratiche che vanno oltre la salvaguardia e, grazie alla scannerizzazione 3D dei beni, diventa possibile crearne repliche fedeli, sia a fine di studio sia di accessibilità (es. ipovedenti), creare esperienze virtuali di navigazione del bene slegati da limiti fisici, generare opere derivate, creare nuove forme di "prestito museale”, ad esempio stampando in 3D un’opera, integrare i beni culturali in contenuti multimediali come prodotti cinematografici e videoludici e sviluppare esperienze virtuali.
L’intero progetto è concepito come un processo in divenire, con un programma di implementazione realistico e sostenibile che possa garantire un aggiornamento continuo e la partecipazione attiva della comunità.
Il progetto prende il nome dalle coppie di concetti: fisico-digitale, come la natura dell’archivio-catalogo e persistente-effimero, a indicare la vulnerabilità materica delle opere e la loro immortalità nella memoria collettiva. Il naming scelto è quindi Eterna Continua – Piattaforma di Archiviazione Digitale dei Beni Culturali di Roma. Il logo richiama nelle sue forme un nastro come elemento di connessione, e cita apertamente i segnapagina divisori degli archivi; grazie ad una sintesi formale estrema, gli elementi possono interagire senza problemi con opere eterogenee e di epoche diverse supportati dalla palette, volutamente neutra, che richiama i toni classici di Roma.
In cinque giorni il workshop ha indagato una serie di aspetti cruciali della conservazione e valorizzazione dei beni culturali. L’esperienza non poteva e non è stata conclusiva ma sicuramente ha posto domande sul cosa archiviare e sul perché. È evidente che la risposta passa per l’identificazione di cosa rappresenta e rappresenterà il patrimonio culturale per la città di Roma.
La cristallizzazione di un’opera nel tempo, come la città di Pompei, o la sua riproducibilità tecnica (Benjamin, 2008) sono temi ampiamente discussi e alla base del nostro progettare; l’innovazione tipologica che il progetto propone è nel guardare alla tutela per ciò che essa abilita, non concentrandosi solo sulle generazioni che salvaguardano ma su coloro che nel futuro godranno, con le loro specificità tecnologiche, culturali e sociali, dei benefici futuri, ad oggi improgettabili.
Un racconto restituito da chi ha vissuto il progetto dall’interno, tra idee, sfide e trasformazioni. Una testimonianza di ciò che accade quando il design diventa esperienza condivisa.
Giacomo Fabbri
Luca Santarelli
Antonio De Falco
Alessandro Borgobello Lorenzo Itamar Colazza Maria Elena Costa Federico Rinaldi Juliette Gaetano Laura Tumbarello Marta Limone Gabriele Marucci Giulia Massimi Michele Mearelli Valerio Morreale Jennifer Panepuccia Elena Pinchera Elena Poli Beatrice Prosseda Vittoria Ricci Jaime Rinaldi